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Post by Entendance on Jul 23, 2016 16:52:54 GMT -5
The Beach & Gato Barbieri
The famous Entendance beach in southern Mahé Seychelles offers half a mile of powder white sand and huge breakers.
There is no reef so the waves are much larger than most of the other beaches around the island, making it more suitable for surfing rather than swimming at most times. Entendance is one of Mahe's most famous beaches, a wild and remote yet beautiful stretch of coastline in the fast south west. During the south-east trade winds the waves can reach fearsome heights, but in the north-west trade wind season the sea is calmer. This beautiful beach is also a popular spot for sunbathing. At Anse Intendance, in Mahè, Seychelles, I spent most of my best days of my life.
The ground behind this marvelous beach once belonged to the late George Harrison & Peter Sellers: they bought the land in the '70. Harrison sold it in 1994, December. Just don't ask me to add more details about that, some memories are too painful to recall. E.
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Post by Entendance on Jul 26, 2016 17:02:28 GMT -5
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Post by Entendance on Aug 5, 2016 18:27:51 GMT -5
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Post by Entendance on Aug 19, 2016 16:01:06 GMT -5
Remembering Hiram
Chi, perché troppo giovane, non ha potuto vedere l'orchestra di Gil Evans o David Sanborn con Hiram Bullock dal vivo...qui può avere qualche idea di cosa significhi vitalità e improvvisazione... Io, fra l'80 e il '90 organizzai per loro quattro volte dei concerti e vi assicuro che è stata un'esperienza unica! Hiram Bullock è stato un fenomeno a sè, a cavallo fra funky jazz blues e rock. Definitivamente il più stimolante fra i chitarristi che io abbia conosciuto.
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Post by Entendance on Aug 23, 2016 17:17:18 GMT -5
"It is easier for a man to destroy the Light inside himself than to defeat the darkness all around him."
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Post by Entendance on Sept 8, 2016 17:11:55 GMT -5
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Post by Entendance on Sept 9, 2016 18:14:41 GMT -5
'Quando andavi al Music Inn ti sentivi a casa. Sapevi che lì avresti potuto ascoltare del buon jazz e non solo. In quella umida cave ci potevi incontrare la storia. Pepito e Picchi Pignatelli, i padroni di casa, sapevano come accoglierti ed erano sempre in buona compagnia. Eh sì, perché dal Music Inn passarono un po’tutti a suonare, chi a soffiare in un sassofono, in una tromba, un flauto o un clarinetto oppure un trombone; chi cantando apriva la bocca e chi faceva scorrere le dita sui tasti bianchi e neri del pianoforte o sul manico di una chitarra o di un basso elettrico o di un contrabbasso; chi invece faceva risuonare piatti e tamburi senza dimenticare la cosa più importante, lo swing dell’Hi-Hat. E poi c’erano gli/le storyteller del jazz, che con le parole e le note di uno standard ti facevano sentire tutta la malinconia del blues, la saudade della bossanova oppure la felicità per un amore per una volta finito bene. Insomma, tra quelle mura risuonarono le melodie, le armonie e i ritmi di gente come Dexter Gordon, Chet Baker, Charles Mingus, Gato Barbieri, George Coleman, Carmen McRae e tanti altri e altri ancora come Enrico Pieranunzi, Massimo Urbani, Eddy Palermo, Carla Marcotulli e quindi tantissimi altri, ognuno con il suo assolo, ognuno a raccontare la sua storia che è poi quella di molti altri, componendo così la storia nella storia. E chi era lì ad ascoltare comprendeva nell’eccitazione di quelle serate che era anch’egli parte di quella storia, una storia fatta di tanti fatti, di momenti vertiginosi, di spaesamenti alcolici e palpitazioni frenetiche come lo zi-ghi-din del ride di Danny Richmond o di Billy Higgins, senza far torto a nessuno. Chi ricorda ora quei giorni, anzi quelle notti, sa bene che ha fatto parte di una storia immortalata nei mille colori di un quadro o nel bianco e nero di una fotografia, una storia che si muoveva nell’aria piena di anticipazioni, di attenzioni e che riempiva le menti come le linotype riempivano di caratteri di stampa le pagine dei quotidiani o delle riviste che parlavano di jazz e del Music Inn. Chi ricorda quei giorni sa bene che la notte, come canta Brainin, ha mille occhi e tra quegli occhi c’erano quelli di Pepito e Picchi che non si limitarono a scrivere la loro storia con l’inchiostro nero ma la disegnarono con un reticolo di colori differenti. Quella storia che oggi con questo documentario cercheremo di farvi immaginare, come una graphic novel, attraverso la viva voce di un consistente numero di persone – musicisti, critici, attori, giornalisti, registi, cantanti, appassionati che non sono solo dei testimoni di quell’epoca ma sono da considerare dei veri e propri protagonisti. Questo perché si era tutti protagonisti dal vivo al Music Inn.'
Il Principe Giuseppe «Pepito» Pignatelli Aragona Cortez, il Music Inn e gli anni '70 del grande jazz a Roma
Intervista al fondatore del Music Inn Pepito Pignatelli (accompagnato da sua moglie Picchi) con gli interventi di Franco Cerri e Franco Fayenz!
Il Music Inn a Roma è dove ho speso la maggior parte delle mie serate e notti fra il 1973 ed il 1977, assistendo a concerti indimenticabili e parlando poi con musicisti come Elvin Jones, Johnny Griffin, Max Roach, Charles Tolliver, Chet Baker, Mal Waldron, Charlie Mingus e tanti altri ancora fino all'alba. Posto magico il Music Inn, una cantina a pochi passi dal LungoTevere con un tremendo odore di fumo e muffa, ma dove si viveva la musica dal vivo a contatto con i grandi jazzisti che venivano da ogni parte per la squisita accoglienza di Pepito e di sua moglie Picchi, dove fra un set e l'altro si mangiava una pasta al sugo ridendo e bevendo insieme a Lee Konitz, Tony Scott o Dexter Gordon e Art Farmer e dove ho anche accompagnato alcuni di questi grandi con i miei bongos! Ho scoperto per caso un video del febbraio 1975 con Irio de Paula alla chitarra e con ospite speciale Sal Nistico,
mitico sax dell'orchestra di Stan Kenton e sono sobbalzato: io c'ero quella sera, avevo anche ricevuto da Pepito l'ingrato compito di svegliare Sal Nistico (che dormiva stremato su una panca dopo essere sbarcato da New York poche ore prima) per farlo salire sul palco a suonare! Ed era proprio la sera in cui, all'ultimo set intorno alle 3 di mattina, Pepito mi autorizzò ad unirmi a loro con i miei bongos per la jam session finale!... ma nel video, che è stato preso all'inizio del primo set, io non compaio! No problem ma...dopo 41 anni, mi sembra di essere ancora proprio lì. E.
Negli anni '80, su un noto quotidiano nazionale, scrivevano: "Ci sono pochi club dove il jazz può essere gustato con tanta partecipazione come il Music Inn di Roma. Quasi rispettando una tradizione classica della musica afroamericana, che vuole i suoi locali piccoli e fumosi, costruiti nelle cantine e nei sottoscala più cavernosi, il Music Inn resta il tempio del jazz italiano ed anche chi ci suona è, quasi per necessità, affascinato dal clima di calda comunicazione che si instaura tra il pubblico e l'artista, che sono così vicini l'un l'altro da potersi guardare negli occhi. E non sono possibili finzioni al Music Inn, perchè tutto è visibile". E qualche anno più tardi un altro editorialista, su un altro famoso quotidiano, scriveva: "Attraverso quel portone in Largo dei Fiorentini, non si entrava in un locale, in un club. Piuttosto, in una confraternita. Si lasciavano fuori dalla porta certi eccessi della Roma dell'epoca, l'ideologia esasperata degli anni Settanta, il rampantismo degli anni Ottanta. E ci si immergeva, un paio di piani in giù, sotto il livello stradale, in altri eccessi. Sospinti da una musica che era passione, fuoco interiore, furore improvvisativo. Avvolti dai fumi delle sigarette, alcool, umidità trasmessa dalle pareti e dai corpi stipati in platea, il soffitto a volta con le panche ammorbidite da cuscini bagnati e un labirinto di corridoi, il più largo dei quali dava accesso all'ambitissimo bancone di bar dove i padroni di casa invitavano gli amici a bere un altro bicchiere insieme. I padroni, Pepito e Picchi Pignatelli. La casa, il Music Inn. Vite consumate nella passione amore e jazz: un Principe, Pepito, una donna, Picchi, dell'alta borghesia, in una storia che ha i tratti della leggenda, per come si è sviluppata e per come si è conclusa. I mostri sacri del jazz, internazionale e nazionale, passarono nel club: Chet Baker, Bill Evans, Ornette Coleman, Lee Konitz e, poi, ancora Charlie Mungus, Roberto Gatto, Steve Grossmann e Roach e Urbani e Danilo Rea. Ancora oggi quando si nomina il Music Inn il tono diventa caldo e partecipe: con un'altalena serrata tra nostalgia e proposta, testimonianza e auspicio, suggestioni, atmosfere, sensualità: mani che corrono su strumenti misucali e voci che intonano swing; si parla insomma di jazz (ma non solo), di cultura, di intellettualità autentica, spontanea, informale. La difficoltà di misurarsi con il mito anni '80 del Music Inn è comprensibile: accanto alle due parole che denominavano il locale, la mole di riferimenti diventa stordente: i nomi di jazzisti - i più grandi tra gli anni '60 e '80 - si parano incolonnati, coincidenti appieno con qualunque dettagliata enciclopedia del jazz. Gli aneddoti si moltiplicano e più di un artista-frequentatore che dichiara di aver più volte dormito nel locale (perchè un taxi a notte tarda era un impegno economico gravoso), mentre nomi più noti e attuali non disdegnano di riportare propri personali e particolari ricorsi (uno per tutti: il critico Gino Castaldo che per regalo di matrimonio ricevette da Pepito una bevuta gratis con musica - eseguita dal vivo - di Charles Mingus). Ma mentre i nomi dei musicisti ospitati nel Music Inn si fanno sempre più preziosi e storici, altrettando quotidiani e ripetuti diventano i controlli e le sanzioni comminate al locale, fino a minare e compromettere l'impegno culturale nella sua offerta musicale e artistica. Pepito muore prematuramente nel 1981, e Picchi (chi ha seguito quest'ultima fase, discendente, lo sa bene) oberata ricorrentemente da controlli e sanzioni - e priva del suo uomo e del suo amore - si suicida nel 1993: la sua morte fa da eco, probabilmente, alle angherie subite nell'ultima fase della sua avventura al Music Inn: un gesto che è denuncia e distanza da un avvitamento vuoto e pervasivo che l'aveva catturata e battuta. E il Music Inn perde il filo conduttore della sua storia...
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Post by Entendance on Sept 19, 2016 17:13:03 GMT -5
João Donato
If you don't know where you are going any road can take you there. -Anonymous
Aprile 1996. Il vostro E. si trovava a Rio una sera, alla base della Rocinha, ad ascoltare un concerto di João Donato e...chi sedeva al tavolino accanto? Gilberto Gil che era venuto a trovare il suo amico João! Di lì a poco Gilberto sarebbe salito sul palco a cantare...<Palco>...che serata indimenticabile!
Here
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Post by Entendance on Oct 3, 2016 16:13:25 GMT -5
Quando penso a Roscoe Mitchell, alle tante occasioni avute nell'ospitarlo, persino a pranzo in casa con tanti altri membri dell'AACM, ai musicisti che mi ha fatto conoscere e con cui ho anche suonato, ai molti concerti che gli ho organizzato, mi sento davvero fortunato. La nostra amicizia risale a metà degli anni '80 e la mia stima per lui e la sua arte da allora è solo cresciuta. Considero Roscoe il più dotato multistrumentista vivente, un uomo che sul palco non si è mai risparmiato, con una forza interiore mostrata tutta nella sua inventiva e fantasia compositiva. Sono passati 44 anni dal mio primo concerto jazz. Dal 1973 ho assistito a migliaia di concerti, ne ho organizzati un centinaio, ho suonato anch'io molte volte in jam session con i musicisti ospitati, ma ciò che ho provato ogni volta che Roscoe è stato sul palco, la commozione che mi ha regalato, rimane una emozione tuttora insuperata. Sì, ancora oggi. E.
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Post by Entendance on Oct 6, 2016 18:16:59 GMT -5
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July 23,1978 10:00 p.m. Parchi di Nervi (Italy): Archie Shepp , Max Roach Duo Io c'ero! Ed ero pure sul palco da solo con loro due nel pomeriggio durante le prove del suono, a fotografarli! Le più belle foto mai fatte in bianco e nero, un ricordo di quell'evento unico in una scenografia fantastica solo come Nervi poteva dare (e...vi assicuro che le foto che ho scattato io sono immensamente più intriganti di questa sopra che ho trovato in rete ) L'anno successivo Max e Archie registrarono alcuni bravi suonati anche in quell'estate in Italia.
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Post by Entendance on Oct 11, 2016 16:14:13 GMT -5
"Paolo, Paolo, dove sei??" Paolo Rustichelli a scuola era irrefrenabile, sempre agitato e spesso punito per le sue stranezze... Pochi fra noi intuirono il grande artista che sarebbe diventato! "Paolo, Paolo, dove sei?"
Paolo...Paolo, di nuovo a Capri?
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Post by Entendance on Oct 14, 2016 17:14:00 GMT -5
People can lie, the lyrics of songs can lie, but the music itself can never lie. It contains and conveys, perfectly and purely, the spirit that its rhythms, melodies, and harmonies embody. We cannot translate this spirit into a sequence of descriptive words; could we do so, music would cease to be music, would be a vaguer form of poetry. But that indefinable message of the soul contained in every piece of music, great or small, is still present, penetrating, communicative, formative.
Roscoe, Lester, Joseph, Malachi, Don aka Art Ensemble Of Chicago
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Post by Entendance on Oct 19, 2016 16:55:40 GMT -5
So What? Remembering Ronny Jordan (29 November 1962 – 13 January 2014)
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Post by Entendance on Oct 28, 2016 16:31:19 GMT -5
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Post by Entendance on Oct 29, 2016 17:38:03 GMT -5
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Post by Entendance on Nov 4, 2016 19:42:05 GMT -5
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Post by Entendance on Nov 12, 2016 20:00:48 GMT -5
Michael Brecker 1949-2007 Everybody who knew Mike loved him dearly and cherished every moment spent with him. He was extremely down to earth and totally unassuming. One of his favorite words was “amazing,” which of course he never applied to himself. He was a great spirit and, I truly believe, one of the greatest musical figures of our era. I feel so blessed to have known him and been able to call him my friend. -Randy Sandke
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Post by Entendance on Nov 15, 2016 18:04:05 GMT -5
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Post by Entendance on Nov 16, 2016 17:55:37 GMT -5
There are two things that are without limits: femininity and means to take advantage of it. -Nikita [1990]
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Post by Entendance on Dec 2, 2016 19:33:57 GMT -5
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Post by Entendance on Dec 25, 2016 6:31:10 GMT -5
December 25, 2016 "...Placing the needle at the onset of “C Jam Blues” introduces the listener to the melody, a simple two note phrase. However, the melody is held to brevity as John Handy quickly takes over on Tenor Sax. His style is bold and rich with beauty and clarity—it’s almost as if he’s crafting his own melody. As Handy drops out, the bass/piano/percussion carry the song a few bars before Hamiet Bluiett strikes out in the upper registers of Baritone Sax. George Adams follows, moving outside the frame of the standard with a rapid growling flutter that quickly enters the realm of avant-garde. In this moment, the smile on my face cracked into a sizable grin. If you have ever seen jazz live and are of the mind to appreciate such an honor, anytime an artist breaks such ground it is warrant to jump in the air and scream in awe. One cannot help but gasp at Rahsaan Roland Kirk lets out a lengthy and hefty growl on his sax—continuing what Adams began. More soloists continue before resorting back to the original melody which turns into a free-for-all that leads up to the final growl of a note, encompassing the final few minutes with breakout solos and chords that destroy the standard major/minor preferences. As the note winds down its last minute the crowd erupts, drowning out the band; a feat only to be expected after such an awe-inspiring performance." -Andy Fenstermaker
Una notte di metà marzo 1975 a Roma. Era una notte come tante altre, al Music Inn; il martedì sera suonava quasi sempre un gruppo di romani. Quella sera sul palco c'era Roberto Della Grotta al contrabasso, Bruno Biriaco alla batteria e Enrico Pieranunzi al piano. Io me ne stavo mollemente adagiato sull'ultimo spalto in alto, in fondo a sinistra della sala centrale, con alle mie spalle solo la fine del corridoio che immetteva nella fossa dei leoni del jazz a Roma. All'improvviso si stagliò davanti a me una figura apparsa dal nulla nella penombra: ma...ma...ma...quello deve essere Mingus! Impossibile non riconoscere la sua sagoma anche al buio... Mingus qui a Roma stanotte?? pensai. Vidi Della Grotta posare immediatamente il contrabasso, Biriaco fermarsi e alzare le bacchette e Pieranunzi levare le mani dalla tastiera. Un silenzio tombale calò fra i pochi presenti in sala mentre Mingus avanzava lentamente nel corridoio centrale, avvicinandosi al palco dove i tre erano rimasti paralizzati ed ammutoliti ad osservarlo. Mingus salutò e ordinò con un sordo mugugno e il suo tipico atteggiamento sornione a Della Grotta di riprendere il basso da terra e continuare. Pieranunzi e Biriaco si alzarono dai loro seggiolini e accennarono un inchino a Mingus, mentre lui scivolava fuori dalla sala dall'altro corridoio a destra, sorridendo e continuandoli a fissare. Scoprimmo poi che Mingus era arrivato in città per registrare la musica del film di Elio Petri, Todo Modo. Ma quando vide il film, udì tutta un'altra musica, non la sua. E noi comperammo, per sentirla, Jazz & Cumbia Fusion!
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Post by Entendance on Jan 30, 2017 18:17:25 GMT -5
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Post by Entendance on Feb 14, 2017 18:06:37 GMT -5
A stylish and classy man, a great musician. I met Chico Hamilton many times over the 80's while I was also a jazz concert promoter.
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Post by Entendance on Feb 18, 2017 19:06:19 GMT -5
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Post by Entendance on Mar 8, 2017 17:59:50 GMT -5
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Post by Entendance on Mar 12, 2017 9:42:48 GMT -5
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Post by Entendance on Mar 25, 2017 14:01:14 GMT -5
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Post by Entendance on Apr 3, 2017 17:09:06 GMT -5
30 dicembre 1982, Jazz Vespers series a St. Peter's Lutheran Church, N.Y. Howard McGhee, il grande trombettista e amico di Charlie Parker, era sull'altare, a suonare accompagnato da un gruppo di volenterosi giovani ed io ero seduto in prima fila, divorato dalla commozione e dall'ansia di potergli parlare alla fine di una performance per pochissimi. Mi si bloccò la voce in gola quando, dopo avergli stretto la mano e biascicato il mio profondo rispetto e la mia ammirazione di collezionista di ogni sua incisione, McGhee mi ringraziò, manifestandomi la sua contentezza con un profondo inchino. Ho ancora vivido il ricordo del suo sguardo stupito per l'incontro con un fan arrivato dall'Italia in un freddissimo pomeriggio nevoso a Manhattan.
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Post by Entendance on Apr 7, 2017 19:08:27 GMT -5
James Moody at The Sweet Basil NEW YEAR'S EVE WBGO-FM Program (1982)...e io ero lì! Notte entusiasmante e indimenticabile! Immaginate la mia sorpresa quando James chiaccherò con me in fluente italiano!
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Post by Entendance on Apr 11, 2017 17:08:42 GMT -5
L'unica volta, nel dicembre 1983, che a New York ho avuto Dizzy Gillespie a un paio di metri da me per tutta la serata, sono rimasto ammutolito e bloccato sulla sedia. Lacrime a profusione, pensando a Charlie Parker e guardando suonare lui, quando ha attaccato <Confirmation>. Solo chi l'ha visto dal vivo e così da vicino può capire ciò che non riesco nemmeno a scrivere.
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